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Politica Estera della Spagna

Successivamente alla caduta della dittatura del generale Franco nel 1975, la Spagna necessitava di rinnovare le relazioni internazionali completamente abbandonate a se stesse per tutto il periodo d’isolamento interno.

Carrarmato
Prima di tutto il Regno aveva il bisogno, anche per ragioni economiche, di entrare all’interno dell’Unione Europea che vedeva poste in prima fila già tutte le potenze europee.
Dal 1982 il paese della penisola iberica riuscì ad entrare nella NATO e con tale impegno voleva affrontare l’enorme responsabilità di trovarsi come attore principale per la sicurezza internazionale. L’adesione della Spagna all’Unione Europea fu molto importante anche perché tutt’oggi essa per prendere decisioni considerevoli si basa moltissimo sulla cooperazione politica d’Europa. Nel 1986 la Spagna conclude il suo processo di sviluppo di relazioni internazionali stringendo accordi con Israele e Albania.

Come è ovvio pensare, sono molto stretti anche i rapporti con l’America Latina, dove ingenti sono gli investimenti delle imprese spagnole. Proprio la volontà di mantenere un’identità iberica da parte dei paesi sud-americani invoglia quest’ultimi a mantenere relazioni diplomatiche molto strette, sia per questioni di cooperazione economica, sia per scambi culturali bilaterali. Negli ultimi anni abbiamo un paradigma nuovo, basato su uno scambio orizzontale e bi-direzionale che fa perno su cultura, educazione, crescita ed innovazione.

Anche se non tutti ne sono a conoscenza la Spagna ha da sempre allacciati ottimi rapporti con il Nord Africa e soprattutto con il Marocco. La vicinanza geografica e alcuni tratti di storia comune (oltre alla questione Ceuta e Melilla, due città autonome nel Marocco di nazionalità spagnola) portano il paese ad avere sempre molta cura e attenzione per le relazioni con le nazioni del Nord Africa. Si cominciano anche ad estendere i contatti verso la regione Sub Sahariana, nella quale storicamente erano occupati alcuni territori, soprattutto con l’ex colonia della Guinea Equatoriale alla quale si continuano ad inviare aiuti umanitari.

Dal 2011, a causa delle restrizioni di bilancio conseguenti alla crisi economica, Madrid ha ridimensionato il budget destinato alla sua politica estera. La presenza spagnola quindi  nelle operazioni militari internazionali e il volume di fondi destinati alla cooperazione si sono notevolmenti ridotti.

Tuttavia, con la graduale ripresa dell’economia, l’impegno e la spesa spagnola in entrambi i settori sta registrando un’inversione di tendenza.

La storia del grande Regno di Spagna ci ha portato a conoscere nuove storie e soprattutto nuovi popoli, come vecchia conquista del mondo arabo, oggi il paese iberico ha cercato di promuovere il dialogo europeo-mediterraneo che prevede di espandere le relazioni tra le regioni europee quelle dell’Africa del Nord e del Medio Oriente (Israele annessa). Nelle relazioni comunitarie la Spagna è riuscita a stringere nuovi allacci con Francia e Portogallo.

Anche se molto spesso non si tende a considerare il Vaticano uno stato vero e proprio, in questo caso va valutato alla stregua di molti altri paesi con cui la Spagna da sempre ha cercato di intrattenere relazioni diplomatiche ed economiche. Già dal primo governo Zapatero i rapporti con la Santa Sede sono andati scricchiolando. In un primo momento il governo anticlericale avanzò l’ipotesi di cancellare le sovvenzioni a favore dei sacerdoti e dei religiosi dipendenti dell’amministrazione pubblica, successivamente la risposta del Vaticano invitava tutti i cittadini a fare una scelta ponderata nel momento in cui fossero stati chiamati a votare. La richiesta di un voto responsabile da parte dei Vescovi non ebbe molto successo tanto che il PSOE andò tranquillamente al governo con una buon margine di maggioranza. La legalizzazione del matrimonio omosessuale e delle coppie di fatto portò di nuovo scompiglio in una Spagna che piano piano abbandonava tutte le sue vecchie caratteristiche di paese Cattolico per eccellenza.